SERENDIPITA’

 

Arno Penzias & Robert Wilson

Prima di parlare di questi due miei personaggi odierni è prima doveroso introdurre una spiegazione del termine “serendipità”. Nella ricerca scientifica la serendipità indica il tipico elemento della “casualità cercata” e cioè quando scoperte importanti avvengono mentre si stava ricercando altro. Portando alle estreme conseguenze il concetto di serendipità/casualità delle scoperte scientifiche, in contrapposizione al metodo dell’indagine sistematica, si può arguire che in ogni scoperta, come del resto in ogni aspetto della vita reale, deve essere insito qualche elemento di casualità: se il ricercatore sapesse già esattamente quello che sta cercando, gli basterebbe avere una conferma di una realtà che già prevede esista. In questo senso una nuova scoperta scientifica, ottenuta mediante intuizione o serendipità da un ricercatore, è cosa sostanzialmente diversa rispetto all’ottenimento di una conferma sperimentale di un evento mai prima osservato, ma previsto. Detto ciò si possono elencare decine e decine di casi di serendipità in ogni ramo della conoscenza umana a cominciare dalla scoperta dell’America di Cristoforo Colombo alla dinamite di Alfred Nobel, dal Viagra dei ricercatori della Pfizer al Velcro di Georges de Mestral, dai raggi X di Wilhelm Conrad Rontgen al World Wide Web presso il CERN di Ginevra e ancora: le patatine fritte, la penicillina, il cellophane, il Prozac, il teflon, i forni a microonde o la colla dei Post-it.

L’elenco continuerebbe, ma oggi voglio parlare della scoperta della radiazione cosmica di fondo ad opera di Penzias e Wilson. Premetto che questa scoperta, sino a oggi, è in sostanza la conferma della teoria inflazionistica dell’Universo, meglio conosciuta come la teoria del Big Bang. Cioè a dire che a qualunque scettico o detrattore di questa singolarità si può rispondere con la domanda: “E che mi dici della radiazione cosmica di fondo?” e quello se la deve incartare. Grande no?

Ho scritto “singolarità”, ma una cosa è scriverlo, un’altra spiegarlo. Qui si è al confine tra fisica e metafisica. In matematica, il termine singolarità indica in generale un punto in cui un ente matematico, per esempio una funzione o una superficie, “degenera”, cioè perde parte delle proprietà di cui gode negli altri punti generici, i quali per contrapposizione sono detti “regolari”. In un punto singolare, per esempio, una funzione o le sue derivate possono non essere definite e nell’intorno del punto stesso “tendere ad infinito”.Nella teoria della relatività generale di Albert Einstein è prevista la singolarità gravitazionale e cioè un punto dello spaziotempo in cui il campo gravitazionale ha tendenza verso un valore infinito. Inoltre, secondo alcune teorie fisiche sull’origine dell’universo, l’universo stesso potrebbe avere avuto inizio con una singolarità gravitazionale (il Big Bang) e potrebbe finire con essa (il Big Crunch). In poche parole non è descrivibile e ognuno può identificarla come vuole dal nulla assoluto al tutto assoluto oppure a Dio. Il Big Bang non è stata un’esplosione di materia che si muove verso l’esterno per riempire un universo vuoto. È invece lo spazio stesso che si espande con il tempo dappertutto e aumenta la distanza fisica tra due punti comoventi. Una bella immagine che spesso è proposta per comprendere questo concetto è quella del palloncino con tanti puntini di pennarello disegnati sulla sua superficie. Gonfiando il palloncino, la distanza fra due punti qualsiasi aumenta. Un ipotetico osservatore a due dimensioni spaziali che stia su di un punto della superficie del palloncino vedrebbe tutti gli altri punti allontanarsi da lui in tutte le direzioni. Un altro osservatore bidimensionale situato in un altro punto del palloncino giungerebbe a una conclusione analoga. Per questi esseri non esiste un osservatore privilegiato: l’espansione non ha un centro sulla superficie e il loro Universo è una superficie sferica; tale Universo è finito e illimitato, nel senso che un essere piatto può muoversi in una direzione fissa e proseguendo può tornare al punto di partenza.

Beh! Torniamo ai due giovanotti che, per dir la verità, di fisica non ne capivano nulla ma erano dei radioastronomi che a quei tempi (1965), come tanti altri ricercatori provenienti da ogni campo della scienza, lavoravano per la Bell Laboratories di Holmdel (New Jersey).

Stavano appunto armeggiando su una grande antenna per le telecomunicazioni che continuava a dar loro problemi d’interferenza disturbandone il segnale. Lavorarono per mesi e mesi provando di tutto per eliminare quel sibilo incessante e fastidioso che rendeva inutile ogni esperimento. Era un rumore continuo, arrivava da tutti i punti del cielo e impossibile da localizzare. Un vero incubo. Per un anno intero cercarono di schermare tutti i circuiti, tutto l’impianto elettrico eliminando qualsiasi probabile interferenza, isolarono ogni centimetro di cavo. Riassemblarono tutti gli strumenti e arrivarono ad arrampicarsi sulla parabolica con scope e spazzoloni per ripulirla di ciò che un giornale definì “materiale bianco dielettrico” a noi meglio conosciuta come “cacca di uccello”. Non ci fu nulla da fare l’interferenza c’era e da ogni parte.

A soli cinquanta chilometri di distanza, alla Princeton University, un’equipe scientifica guidata da Robert Dicke stava studiando un’ipotesi suggerita negli anni quaranta dall’astrofisico russo George Gamow il quale asseriva che, se si fosse scrutato abbastanza in profondità nello spazio, si sarebbe dovuta rintracciare parte della radiazione cosmica lasciata dal Big Bang .E’ incredibile ricordare che, in un articolo più recente, aveva indicato come strumento adatto a ricevere tale segnale proprio l’antenna dei Bells Laboratories, articolo che nessuno dei nostri protagonisti aveva letto. La radiazione si osserva oggi nel campo delle microonde, a una temperatura che, a causa dell’espansione dell’Universo, è scesa da circa 3000 a 2,725° K (Kelvin).
La temperatura della radiazione cosmica di fondo è estremamente uniforme in tutte le direzioni dell’Universo; ciò è in effetti una conferma che la radiazione è il residuo del Big Bang (se la radiazione fosse prodotta da una sorgente locale, non potrebbe avere tali caratteristiche). Piccole fluttuazioni di temperatura (dell’ordine di una parte su centomila, mostrate nella figura) sono state scoperte nel 1991 dal satellite COBE.

cobe

Esse sono interpretate come la traccia della successiva formazione delle galassie e sono relative a regioni dell’Universo più dense delle altre, quindi a temperatura maggiore, sede appunto della formazione delle galassie. In sostanza, queste fluttuazioni di temperatura corrispondono a piccoli grumi nell’omogeneità dell’Universo, i semi da cui nacquero le strutture più complesse che oggi osserviamo.La radiazione ha cominciato a viaggiare liberamente nell’Universo dopo circa 400.000 anni dalla “singolarità”, quando l’Universo si era sufficientemente raffreddato da permettere ai fotoni di liberarsi dall’azione della materia. Prima di tale epoca, i fotoni interagivano continuamente con le cariche elettriche che costituivano un plasma molto caldo e non potevano sfuggirne.

I nostri due eroi non sapendo nulla delle previsioni di Gamow e tantomeno delle ricerche di Dicke, nella speranza di ricevere qualche suggerimento per la soluzione del problema, Wilson e Penzias telefonarono a Princeton e riferirono la cosa a Dicke il quale riagganciando disse ai colleghi la famosa frase: “Boys, we’ve been scooped” (che in italiano suonerebbe più o meno come “Ragazzi, ci hanno rubato lo scoop!”).

Eh si! Furono battuti dai due giovanotti che nel 1978 ricevettero il Premio Nobel per la fisica (onorificenza che spesso è stata assegnata a casi di serendipità palese!). Wilson e Penzias avevano scoperto la parte visibile del bordo dell’Universo a novanta miliardi di trilioni di chilometri di distanza, stavano vedendo i primi fotoni, la luce più antica dell’Universo trasformata dal tempo e la distanza in microonde come previsto da Gamow.

 

Carrara Maurizio